Il Fascino del Male – Parte due

Ho scritto questi articoli nel 2014, in occasione di un incontro organizzato presso l’Università di Parma a proposito del Grottesco assieme agli autori Giuseppe Pasquali e Valerio Marcello Pelligra. Gli stessi articoli sono stati poi pubblicati in forma più accessibile sul sito MedeaOnLine. Qui li ripropongo in versione integrale.

  • Nella prima parte, “La filosofia del Male”, ho definito il Male in senso metafisico basandomi sulle definizioni che la filosofia, fin dagli albori, ha coniato per tentare di esprimerne il concetto.
  • In questa seconda parte, “Il fascino del Male”, a partire dalla definizione di Male a cui si è giunti nella prima parte, cercando di dare una risposta al perché la figura del malvagio affascina, spesso, più di quella dell’eroe che gli si oppone.
  • Nella terza e ultima parte, “Il Male nel fantastico, da Mr. Hyde a Pinhead”, analizzo quattro emblematiche figure di Malvagio nelle loro peculiarità, a riprova di quanto affermo nelle due parti precedenti.

Il Fascino del Male.

«“L’uomo è cattivo”, così parlano con mio conforto i più saggi. Ah se fosse pur vero anche oggi! Giacché il male è la migliore energia dell’uomo.»

Nietzsche, Così parlò Zarathustra

Nietzsche ha portato, infine, una definizione di Male completamente nuova. Egli ha spostato il baricentro verso le pulsioni e i desideri inespressi del nostro io, amalgamando la psicologia con la sua filosofia della volontà di potenza, in un certo senso anticipando persino la psicanalisi di Freud.

L’uomo, sostiene sempre Nietzsche, è un illuso per sua natura e volontà: non essendo in grado di accettare il fatto ineluttabile dell’insensatezza dell’esistenza, ovvero della totale assenza di uno scopo ultimo per cui vivere, si è fatto una domanda che contiene un’affermazione: Domandarsi “Qual è il senso della vita”, infatti, presuppone che un senso ci sia.

Metafisiche, religioni e morali hanno cercato di rispondere a questa falsa domanda con risposte altrettanto false, hanno reso l’uomo un credulone disperato che si consola come meglio può affidandosi alla menzogna che più gli aggrada, e che si è scelto come Verità.

Il “Bene” e il “Giusto” nelle loro accezioni astratte, universali, sono quindi concetti generati da presupposti viziati all’origine, di fatto sarcofagi di cartapesta costruiti per non dover affrontare il nulla che si nasconde nel profondo dell’animo umano, e di cui si ha il terrore. Queste menzogne sono tutto ciò che l’uomo è riuscito a ideare nel suo sforzo per trovare un senso alla propria esistenza.

Sia che il Bene vesta i panni della volontà di un Dio infinitamente buono, o del lume della Ragione e del progresso, esso non muta la sua sostanza di mero e debole appagamento, di effimero senso di pace capace di riempire temporaneamente il vuoto della perenne inutilità umana. Ma allora come può, un velo così sottile, attecchire in tante anime, resistere e spingere i cosiddetti “buoni” a essere disposti a tutto pur di difenderlo? La risposta è semplice: nessun nemico e nessuna paura che si può conoscere nel mondo è più grande delle paure e delle debolezze radicate nell’animo dell’uomo; meglio dunque affrontare un altro uomo che si è dato una risposta diversa, piuttosto che guardare in faccia una Verità che solo l’Oltreuomo ha la forza di affrontare.

È solo grazie alla Fede, alla ferma volontà di credere in qualcosa che una qualsiasi menzogna acquista la forza capace di far sentire l’uomo comune parte d’un disegno superiore e quindi meno insignificante, meno effimero e fragile, capace di rispondere al perché della nascita e della morte.

Ma un Cattivo è agli antipodi di un Buono, e non rispetterebbe la sua natura se credesse nell’esistenza del Bene e di tutto ciò che esso comporta.

Per essere compiutamente malvagi si deve necessariamente prendere atto della mancanza di un qualsiasi senso dell’esistenza, che non esiste nulla né prima né dopo la breve vita che ci è concessa e, dunque, che l’unico modo sensato per vivere è inseguire il piacere, il puro desiderio, il libero abbandono alla fisicità.

Se il buono è incatenato all’idea falsa che si è scelto, il malvagio è invece libero per definizione da ogni etica che è briglia e paraocchi dell’uomo comune, che impedisce questa presa di coscienza ultima, e non avendo timore né rimorso può inseguire i suoi desideri qualsiasi essi siano.

Ed ecco allora che appare chiaro come il malvagio debba aver necessariamente passato tre fasi nella sua ascesa: aver preso coscienza dell’assenza d’uno scopo superiore, aver vinto la disperazione nichilista che ne consegue, e infine aver generato, sopra al caos della vita, i propri significati imponendo la propria volontà.

Per questo, il Malvagio è un Oltreuomo.

Il Malvagio è un individuo che ha accettato appieno la sua natura e che ha imparato a porsi al centro del proprio universo. Disprezza la società umana e irride le sue patetiche regole, spesso dimostrando un cinismo e una determinazione senza pari nell’assecondare i suoi istinti.

In questo, egli mostra un’intelligenza, un coraggio e una forza d’animo spesso superiori a quelle dell’eroe che gli si oppone, incapace di andare oltre una morale, un insegnamento, una missione imposta da altri o come conseguenza di un’idea illusoria che lo anima. L’eroe rappresenta dunque la reazione dell’uomo comune, dell’illuso che per il bene proprio e dei suoi simili cerca di contrastare la minaccia dell’oltreuomo in una darwiniana lotta per la sopravvivenza.

Ciò che ammalia nella figura del Malvagio rispetto a quella dell’Eroe non è tanto il suo fine di dominio o distruzione, quanto il mezzo: l’uso spregiudicato della forza piegata all’edonismo, lo spirito di ribellione alle regole e alle morali imposte dalla società, e in definitiva l’innata, totale, indomabile libertà di cui gode.

Ed è proprio nel genere fantastico che questa volontà di potenza “malata”, questo “Oltreuomo oscuro” ossessionato dalla libertà e dall’autorealizzazione, ha trovato la sua massima espressione. Fantascienza, Fantasy, Horror l’hanno affrancato dai concetti strettamente legati alla realtà quotidiana e hanno affilato i suoi artigli con armi, stregoneria, poteri soprannaturali che hanno via via ingigantito la sua potenza, a volte portandolo quasi all’onnipotenza. Nel fantastico, il malvagio è libero d’inseguire quel senso nuovo, nichilista ed egoista, che si è dato con mezzi che nessun altro genere è in grado di fornire.

Riassumendo, il Malvagio solletica il nostro ego e le pulsioni più recondite, egoiste, edonistiche del nostro essere. Asseconda il nostro istinto animalesco ed è per questo che affascina, ammalia, strega con questa sua innata e totale libertà a cui ogni uomo mortale, nel profondo del suo io, vorrebbe assurgere. Se ne avesse il coraggio.

Nella terza e ultima parte vedremo, attraverso quattro esempi emblematici, come la figura del malvagio sia stata affrontata nella letteratura moderna e contemporanea.

2 pensieri su “Il Fascino del Male – Parte due

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